SICUREZZA INTEGRATA.
Sul tema sicurezza si sono organizzati e gestiti, in collaborazione con la Comunità Montana Valli Grana e Maira i progetti “Luoghi sicuri” e “Sentirsi sicuri”.
PREMESSA
La sicurezza è un bene sociale e, in quanto tale, alla sua realizzazione non possono che concorrere più azioni secondo un approccio multiforme e multidisciplinare.
Se le politiche della sicurezza si fondano sulla realizzazione del “bene” sicurezza esse non possono che essere aperte, contaminate dalla sinergia con altri aspetti del governo del territorio. In generale potremmo dire che all’insieme complesso del governo del territorio non è più possibile guardare come a uno schema rigido,dove materie e argomenti non dialoghino tra loro, è necessario invece che le categorie valutative e gli ambiti, siano flessibili, in osmosi, il più possibile coerenti con la visione complessiva richiesta.
In questa doverosa cornice di sinergia e di scambio, le politiche della sicurezza svolgono un ruolo chiave: se la sicurezza è un diritto e un bene necessario al corretto e sereno svolgimento della vita civile esso diviene paradigmatico di ogni azione di governo. Politiche sociali, urbanistiche, culturali, educative, comunicazione pubblica, hanno bisogno di definire
al loro interno gli standard di sicurezza e assumere la costruzione della sicurezza come parte integrante della loro azione.
Il governo della sicurezza deve perciò assumere la trasversalità come principio senza il quale si rischia il ghetto specialistico e di conseguenza l’inefficacia delle azioni.
Costruire la sicurezza come bene collettivo, dunque, sapendo che oggi i cittadini chiedono alla città di essere il luogo della politica, lo spazio della partecipazione per eccellenza.
Assumere il principio della sicurezza come principio trasversale al governo del territorio, è il primo passo utile per passare da una logica assistenziale a una di partecipazione, nella quale il bene sicurezza viene assunto come responsabilità sociale da parte delle istituzioni, delle imprese, delle associazioni, dei singoli cittadini.
Costruire la sicurezza significa lavorare per la qualità della vita in città attraverso la condivisione, la responsabilizzazione, la partecipazione dei cittadini.
Attraverso le politiche della sicurezza urbana così definite si apre la possibilità di tentare la creazione di un circuito virtuoso tra i cittadini e le istituzioni che li rappresentano.
LOCANDINE DIVULGAZIONE
NOI: IDENTITÀ, ALTERITÀ, SOMIGLIANZA
a cura di Francesco Remotti
Come si formano i noi? Per rispondere a questa domanda faremo intervenire due dimensioni o espedienti: quella delle categorie e quella delle relazioni. Entrambe le dimensioni sono indispensabili, ma vi sono momenti o contesti in cui prevale la logica delle categorie (una logica separatoria) e altri in cui prevale la logica delle relazioni (una logica di contatti e di trasformazioni). L’identità è l’espressione più dura e minacciosa della logica delle categorie, poiché divide noi e gli altri e poiché l’identità istituisce automaticamente l’alterità: l’identità è perciò l’ostacolo più grave a ogni forma di convivenza. Pensare alle relazioni di somiglianza ci fa capire quanto artificiosa sia l’opposizione tra noi e gli altri, e quanto invece sia praticabile, auspicabile e fruibile una convivenza tra simili.
Francesco Remotti (Pozzolo Formigaro, 1943) professore ordinario di Antropologia culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Già direttore del Dipartimento di Scienze Antropologiche, Archeologiche e Storico-Territoriali dell’Università di Torino e presidente del Centro Studi Africani (CSA), ha guidato la Missione Etnologica Italiana in Africa Equatoriale per il Ministero degli Esteri fino al 2004. Coordinatore nazionale di progetti di ricerca in campo antropologico ed etnografico. Di recente pubblicazione segnaliamo : L’ossessione identitaria Contro natura. Una lettera al Papa, Roma-Bari, Laterza, 2010, Roma-Bari, Laterza.
DI CHI IL TERRITORIO? POLITICHE DEI BISOGNI E PARTECIPAZIONE
a cura di Marina Bertoncin e Andrea Pase
Da un punto di vista geografico, il territorio è il “prodotto” delle relazioni che gli attori -i soggetti che agiscono attraverso dei progetti- hanno con lo spazio in cui si svolge il loro intervento. Non esiste dunque il territorio, bensì esistono “i” territori. In quanto creati attraverso i progetti che gruppi di attori, a vario titolo, propongono e realizzano. Non scordiamo neppure che i territori già costruiti e la natura interpretano un ruolo nella relazione. I territori però sono anche “mezzo di produzione” di nuovi altri territori. La massa di fatti che ne contraddistinguono l’evoluzione, i valori che vi sono radicati e i bisogni che esprimono influenzano le scelte di costruzione dei nuovi territori. Non si tratta di facile determinismo, né di condannare i territori ad essere “vittime” della loro storia, ma dell’importanza di conoscere i territori prima di agire, di prevedere certi scenari e di avere consapevolezza dei “mezzi” a disposizione per agire. Dunque non crediamo nei progetti “taglia e incolla”. Non crediamo a progetti che poiché hanno funzionato bene in un certo territorio debbano funzionare anche su altri. Non crediamo a progetti che seppure ben costruiti siano esportabili in qualsiasi territorio. Ogni progetto territoriale nasce da uno o più bisogni relativi al territorio, definibili come distanze esistenti tra una situazione desiderata e la situazione quale essa è vissuta nella realtà. Un problema territoriale è presente quando si manifesta una qualche discrepanza tra come le cose dovrebbero andare e come vanno di fatto. Significa che qualcosa non funziona non tanto negli attori o nei territori interessati, ma nella relazione che si stabilisce tra loro, altri attori e i territori. E’ una questione di territorialità, quindi.
Ciò che è soprattutto importante è sottolineare come, nel rispondere ad un bisogno territoriale, sia fondamentale agire sull’inadeguatezza della relazione e non solamente sugli attori o sui luoghi. Un problema relazionale -come in questa prospettiva assumiamo essere il bisogno territoriale- può essere affrontato attraverso molti approcci. Crediamo che quello partecipativo -non facile e spesso male interpretato- possa offrire interessanti spunti di riflessione.
Marina Bertoncin (Lovere, 1960) è professore di Geografia sociale all’Università di Padova. Si è occupata a lungo di geografia dell’acqua, in Italia e all’estero. Attualmente è impegnata nello studio delle dinamiche territoriali attivate dalla costruzione e gestione di progetti di sviluppo. Recentemente ha pubblicato: Logiche di terre e acque. Le geografie incerte del delta del Po (Verona, Cierre, 2004) e con A. Pase, Attorno al lago Ciad. Sguardi diversi sullo sviluppo (Torino, L’Harmattan Italia 2008). Tra i volumi curati assieme a A. Pase: Territorialità e Pre-visioni di territorio (Milano, Franco Angeli 2007 e 2008).
Andrea Pase (Este, 1964) è professore di Geografia storica all’Università di Padova. Si è occupato della costruzione del confine di stato e della strutturazione coloniale in Africa. Attualmente è impegnato nello studio delle dinamiche territoriali attivate dalla costruzione e gestione di progetti di sviluppo. Recentemente ha pubblicato con M. Bertoncin, Attorno al lago Ciad. Sguardi diversi sullo sviluppo (Torino, L’Harmattan Italia 2008). Tra i volumi curati assieme a M. Bertoncin: Territorialità e Pre-visioni di territorio (Milano, Franco Angeli 2007 e 2008)